MERCOLEDI' SANTO - La Madonna Addolorata

Ed eccolo, il mercoledì. Al mattino molti fedeli, giovani e anziani, sono pervasi da una strana fretta.
Devono recarsi in chiesa, all' Annunziata, al più presto. Quel mattino, "caccianu a Madonna", che vuol dire che viene esposta la Statua della Pietà, o dell' Addolorata come viene riconosciuta dai noceresi, da un anno racchiusa in una nicchia velata. Il sepolcro allestito sull'impalcatura centrale, presenta sullo sfondo uno scenario raffigurante il Golgota, viene adornato con fiori, candele e i caratteristici piatti.
Questi, sopravvivenza dei pagani "Giardini di Adone", vengono preparati dalle donne noceresi, nei primi giorni di Quaresima, facendo germogliare in luoghi non illuminati semi di grano, orzo, ceci immersi in uno strato di stoppa o cotone.
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Dal momento dell'esposizione della Statua, comincia un "via vai" senza sosta verso la chiesa.
Chi si ferma un solo un attimo, chi consacra alla Vergine un'intera giornata di preghiera e raccoglimento, altri partecipano alla veglia notturna, per elevare preci, per meditare i misteri della Passione e Morte di Cristo e preparare il cuore contrito al grande Annunzio della Resurrezione. Chi porta mazzi di fiori, chi altri piatti, chi olio, chi regali in oro, chi la propria devozione. Sono, i noceresi, piccole onde attratte alla riva.
Quella Madonna è un richiamo, a volte forte, a volte sottile, quando suadente, quando imperioso. E' la Madonna dei noceresi, amata, desiderata, aspettata, sempre nominata. Eccola: il viso roseo, il pesante mantello scuro a coprire i capelli, gli occhi al cielo rivolti, una mano sul petto come a toccare il dolore, l'altro braccio aperto, con le dita protese, come per resa, come segno di obbedienza. Porta con sé il Figlio deposto dalla Croce, il corpo inerme, martoriato, le ginocchia piegate, i capelli bagnati, la bocca rimasta socchiusa nell'ultimo respiro.
Nella penombra, un senso di mistero, impercettibile, avvolge menti e cuori. In quell’atmosfera particolare ci sono momenti di silenzio assoluto, con i fedeli che pregano, ognuno dentro di sé.
Quel silenzio parla. E racconta. Del dolore di Gesù e della Madre. E delle pene, delle paure e delle attese di ognuno. Poi, ogni tanto, un vociare sommesso, la recita del Rosario. E i canti in dialetto nocerese, alcuni dei quali ben scolpiti nella memoria di molti.
Antiche laudi, nenie tristi, che parlano della Passione e della Morte di Gesù.
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Due sono conosciute più delle altre, "Ciancia ciancia Maria" (“Piangi piangi Maria”) e "Ben truvatu lignu siccu" (“Ben trovato legno secco”, dove il legno secco è la Croce).
Dal punto di vista artistico, la Statua, di forte impatto emotivo, anche per il forestiero che la vede per la prima volta, è un gruppo ligneo del '600, di chiara scuola napoletana. A Nocera, sin dalla più tenera età, si cresce con un senso di devozione, verso questa Madonna. Il nome dello scultore è rimasto nei secoli sconosciuto.
Forse per disegno divino, per non dare neanche una sorta di appartenenza artistica a questa Madonna che, davvero, è di tutti. Un'antica leggenda, da sempre alimentata dai fedeli, narra che a scolpirla fu un pastorello. E narra ancora, con soavi contorni di favola, che ad opera conclusa, dinanzi a tanta espressività, il pastorello, in un moto di pena, disse: "Cumu t'haiu fattu pietusa, Madonna mia" e la Madonna rispose "E si daveru mi vidie, cchiù pietusa mi facie".
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- Testo tratto dal libro "Oje è vennere Santu ..." a cura di Antonio e Giovanni Mendicino.
Foto a cura dell' Ing. Salvatore Vaccaro (2001).

Esprimo il mio doveroso e sentito ringraziamento al carissimo amico "vattiente" Vito Curcio per la costante fornitura di materiale documentale sulla Settimana Santa di Nocera Terinese.