La sola e semplice visione delle foto pubblicate, di qualche filmato, di ciò che si rinviene con Internet, non sono affatto utili a comprendere il rito dei flagellanti di Nocera Terinese perché esso va seguito dal vivo, con amore e particolare interesse e predisposizione d’animo.
Il Prof. Ernesto PONTIERI, illustre storico ora scomparso, nativo di Nocera Terinese, già Magnifico Rettore dell’Università Studi “ Federico II° “ di Napoli, in uno dei suoi tanti libri in materia, consacrò che “ I VATTIENTI SONO UOMINI CHE ADEMPIONO IL VOTO O PRATICANO LA DEVOZIONE, UNA VOLTA TRAMANDATA DA PADRE IN FIGLIO, DI FLAGELLARSI PUBBLICAMENTE, A CIO’ MOSSI DALL’INTENTO DI CASTIGARE LA CARNE, STRUMENTO DEL PECCATO, E DI UNIRSI SPIRITUALMENTE A CRISTO NELLE SOFFERENZE CHE PRECEDETTERO LA SUA CROCEFISSIONE”.
E’, dunque, a NOCERA TERINESE, in provincia di Catanzaro, ad una manciata di Km. dall’Aeroporto, dalla Stazione C.le F.S. e dal Bivio Autostradale di Lamezia Terme, ed altrettanto dicasi per i confini dalla città di Cosenza, che la calma, la monotonia, la tranquillità di tutti i giorni, vengono letteralmente stravolte, in occasione del VENERDI e SABATO SANTO DI PASQUA, attraverso una tradizione secolare, risalente, all’incirca, al 1260/1300, che, con straordinaria puntualità, si rinnova annualmente.
E’ in questo ridente paese di circa 6 mila abitanti, incastonato tal quale un presepe nella Valle del Fiume Savuto, con profonde radici nella Magna Grecia al punto da essere fortemente identificata sicuro Sito delle rinomate colonie greche di Terina o Temesa, che viene perpetrato il “RITO DEL SANGUE” mediante l’autentica e pura autoflagellazione, operata da un centinaio di persone del luogo che, per devozione, per grazia ricevuta o per un voto fatto, si percuotono i “polponi” delle cosce e delle gambe con degli arnesi definiti il “CARDO” e la “ROSA”, facendo defluire sangue copioso e percorrendo gli identici sentieri tracciati dalla imponente Processione della Stupenda, indescrivibile Statua della Madonna Addolorata (PIETA’). Una Statua incantevole e paradisiaca che induce al pianto al solo rimirarla, un Gruppo Ligneo del peso di circa 5 quintali, dal valore inestimabile, di ignoto artista, e forse risalente al 1300, secondo le indicazioni fornite dalla scomparsa antropologa Ida MAGLI in una nota del suo volumetto “GLI UOMINI DELLA PENITENZA”. Tradizione vuole che fosse stata scolpita da un pastorello che, a lavoro completato, divenne cieco per evitare di farne riproduzione.
Si tramanda che prima di questa Sacra Icona della Pietà, ormai, dai residenti, da sempre consacrata “dell’Addolorata”, nel corso della processione si trasportava altra Statua dell’Addolorata, ancor oggi conservata gelosamente in una nicchia della Chiesa Matrice.
Rito antichissimo, sulla cui introduzione vi sono enormi incertezze (Agostiniani, Benedettini, Gesuiti, Minori Conventuali o Passionisti ??), ancor oggi vivo, vegeto e vibrante in un paese che, tra l’altro, fu Feudo degli Ospedalieri di San Giovanni, progenitori dei Cavalieri di Malta, fatto sta che il VENERDI SANTO A SERA di OGNI ANNO, intorno alle ore 20,00, gli “Apostoli” (Portantini), vestiti di lungo camice bianco e corona di spine in testa, prelevano la pesante Statua dalla Chiesa dell’Annunziata ove è ben allocata da sempre e, a spalle, con ritmo lento e cadenzato, danno inizio alla “VIA CRUCIS”.
Il “clou” della Settimana Santa lo si rinviene nella intera giornata del SABATO seguente, con inizio alle ore 8,00 del mattino, allorché la Statua, sempre stabile sulle spalle degli “Apostoli”, è nuovamente prelevata dalla Chiesa di appartenenza per essere trasportata in processione per l’intero paese, vicoli e viuzze compresi, facendone rientro intorno alle ore 18,00.
SONO
LORO, i VATTIENTI che, con portamento contrito e sofferente, silenziosi
e solenni, attuano il rito dell’autoflagellazione, così come già
sommariamente descritto. Vestiti, di norma, con pantaloncino nero
rimboccato fino ai fianchi e maglietta pure di colore nero (LUTTO), essi
preparano la prima fase della flagellazione (INIZIAZIONE) nel garage
delle loro abitazioni percuotendo le parti del corpo già descritte con
la “ROSA”, un disco di sughero ben levigato e di facile presa, fino a
farvi confluire il sangue, dopodichè si passa all’uso del “CARDO”, altro
disco di sughero sul quale sono infissi 13 pezzi di vetro acuminati
(GESU’ E GLI APOSTOLI), tenuti saldi alla radice da una mistura di cere
vergini. Con il CARDO si provocano lacerazioni con conseguente
abbondante fuoriuscita di sangue. Tale “operazione” viene ripetuta più e
più volte nella maniera più sentita e straziante possibile, specie
quando avviene il fatale e sublime momento dell’incrocio col Sacro
Simulacro. I Vattienti hanno in testa una CORONA di SPINE di
“SPARACOGNA” (cespuglio spinoso degli asparagi selvatici) che poggia su
una bandana nera detta “MANNILE”, che ha il compito di rinsaldare la
capigliatura e che anticamente veniva prolungata fino agli occhi a mò di
benda. Con una cordicella (in segno di “CONTINUITA’”) assicurata alla
vita, ad essa saldamente afferrato ed a distanza di un metro, lo segue
il proprio “ACCIOMU” (ECCE HOMO), un giovane dal torso nudo, vestito di
un semplice panno rosso e portante, poggiata sulla spalla, una croce, di
canna o stecche di legno, interamente rivestita con strisce di panno
rosso (SANGUE SGORGANTE), anche egli con una corona di Spina Santa in
testa. Il flagellante ha al suo seguito anche un terzo elemento, un
amico che porta una tanica di vino rosso (L’ACETO DATO A GESU’ CON LA
SPUGNA) da versare, di tanto in tanto, sulle parti insanguinate, sia
come disinfettante, sia come lavaggio antiraggrumazione. Terminato il
lungo giro penitenziale di notevole e faticosa durata, il Vattiente
rientra nel luogo di partenza ove lava le parti con un infuso di
rosmarino, dalle potenti proprietà cicatrizzanti, messo preventivamente a
bollire in un pentolone, dopodichè, vestiti gli abiti da civile si
aggrega al corteo processionale.
Innumerevoli
Università Studi Italiane, ove possono rinvenirsi svariate, autentiche
Tesi di Laurea sull’argomento, non ultime Roma, Messina, Perugia,.
Siena, Treviso, Torino e Bologna, una infinità di studiosi e
ricercatori, quali quelli del Musée de l’Homme di Parigi o del CNR,
nell’affrontare la problematica, hanno divagato su assiomi riferentesi
al Paganesimo ed agli Albori del Cristianesimo ma, anche in assenza,
ancor oggi, di precise risorse documentali all’infuori di quanto
rinvenuto negli Archivi della Parrocchia (1777) e del preposto Vescovato
(1361), una cosa è sacrosanta ed inoppugnabile. I due Penitenti
(Vattiente ed Acciomu), entrambi collegati dalla CORDICELLA, incarnano
la Figura del Cristo nell’estrema fase della Sua Passione. Il Vattiente
altri non è che Gesù flagellato alla Colonna, mentre l’Acciomu, così
come da Abbigliamento e “Titolo” (Ecce Homo), è Gesù presentato al
popolo da Pilato. La simbologia del Vattiente è ulteriormente avallata
da una delle tante Confessioni di Santa Brigida, conclamante che Gesù fu
flagellato alla Colonna da BENDATO ed infatti, qualcuno lo attua ancora
oggi, come già cennato, anticamente i Vattienti si flagellavano col
volto bendato, così come lo si nota dalle poche foto del 1900 custodite
presso la Pro Loco.FRATELLI Maria e Ferdinando CURCIO
- Testo tratto dal sito CENTRO D' ARTE E CULTURA Percorsi mediterranei.